mercoledì, ottobre 10, 2007

E M E R G E R E!
di Angiolo Bandinelli, patafisico
pubblicata in WANTED speciale numero 31
***
Emergere?
Perché? Perché emergere?
Perché eccellere?”

Per me, emergere, eccellere,
è tessere,
tessere tele,
è tèndere, tèndere sempre -
è essere vedente
(se tenderete,
vedrete - benché nelle tenebre)

E se…se, per certe elette belvette,
tendere
è prendere perfette,
benché lente,
vendette
(…mEttErlE nEl sEdErE…),
beh, è legge!

“Per me
prenderle nel sedere
è sempre essere perdente”.

Beh, perché? Se permette, prenderle nel sedere…
pere...mele… tre mele… tre pere
se prese nelle serre, fresche…
E le belle pesche…

“Tèh, che serpente, che fetente!
Per me, è repellente!”

Repellente…fetente! E perché? Se
ceree, perfette...
prendétele, tenétele strette!
Perché perderle? Eh?

Se le vedeste essere
merde, dense merde, mede melense, schegge...beh!
Mentre, se le vedrete
essere semente
recente,
che bel vedere, le tènere
mele renette, le pere...

vederle eterne, serene perle…
eleggerle,
reggerle erette! - Ebbene, permette?, è bene,
è decente, eccellente
sempre - prenderle
nel sedere!

Eccellente per te,
pezzente! Fetente!
Eh… che gente!
…Se perdere è -
certe terree, nere sere! -
prenderle, per legge, nel sedere…

beh… perché emergere?”.

Roma, 1998-2007

venerdì, ottobre 05, 2007

domenica, settembre 30, 2007

PARTICOLARE INQUIETANTE



VIRGILIO POETA VIAGGIATORE MAGO PATAFISICO 70 - 19 a.C.

Mentre Spartaco guidava la rivolta degli schiavi contro l' impero romano e veniva sconfitto ed ucciso da Pompeo e Crasso;
mentre Cesare, trentenne, si presentava candidato per un posto di questore a Roma;
nasceva nelle campagne mantovane, vicino alle rive del Mincio, Publio Virgilio Marone.
Le notizie sulla sua famiglia sono varie e contraddittorie: una discendenza celtica e l' appartenenza a una stirpe di " maghi " sono citate più volte.
I genitori erano benestanti abbastanza da permettersi di mantenere il figlio agli studi, prima a Cremona, poi a Milano; studiò lettere latine e greche, medicina, matematica, filosofia con Sirone l' epicureo, fisica. Si interessò agli scritti di Pitagora, di Platone, degli accademici e degli stoici; fu iniziato alla lettura di Omero ed alle mitologie classiche dal grammatico greco Partenio; conosceva Teocrito e la cultura fiorita sotto la dinastia Tolemeide nel Mediterraneo: non erano passati che duecento anni e i maestri greci emigravano in tutto il mondo lavorando come insegnanti.
Virgilio scrisse ancora ragazzo le sue prime composizioni, i bucolica carmina, canzoni pastorali; sono prove di emulazione di Teocrito, ma anche un palese tentativo di tramandare la cultura greca al mondo latino.
Quando ebbe compiuto i ventisette anni una disgrazia venne a turbare la sua vita fino allora dedicata a problemi di ordine intellettuale: Ottaviano Augusto imperatore, dopo la lunga guerra in Asia, torna vincitore a Roma ed assegna ai reduci ottimi appezzamenti di terreno nelle province di Cremona e Mantova; poco importavano ad Ottaviano i destini degli abitanti di quelle zone, piccoli proprietari e pastori provenienti dalle più diverse parti dell' Europa: sarebbero semplicemente ritornati profughi. Così era in quei tempi . . .
Anche ciò che è di Virgilio viene assegnato ad un reduce, terre, campi, residenza in città, servitori, tutto.
Virgilio, attraverso l' amicizia con Asino Pollo, comandante delle truppe imperiali nel mantovano, ottiene una presentazione per Mecenate e parte per Roma portando con sè i bucolica carmina; ottiene da Ottaviano di poter conservare il suo possesso e riceve l 'ordine di comporre altre canzoni che oltre ad avere uno scopo didattico divulgativo, celebrino l' imperatore e i suoi ministri.
Ma nonostante questo il veterano al quale era stato assegnato il podere di Virgilio reclama con la forza la sua conquista e cerca di ucciderlo; non c'è nulla da fare:
" Ma le poesie ci valsero,
contro le armi marziali, quanto si dice valsero
le colombe d' Africa contro le aquile rapaci. "
I suoi protettori romani gli offrono un posto di lavoro nell ' amministrazione pubblica di Napoli, una villa prestata da Mecenate, un' ordinazione per le Georgiche, seconda opera che scriverà negli anni successivi.
Gli ultimi anni della sua vita trascorsero tra viaggi e tentativi di comporre l' Eneide, saga di leggende sulle origini dei romani; rimase incompiuta e venne completata, nonostante il suo desiderio che fosse bruciata, da altri poeti minori.
Morì in Puglia, di ritorno da un viaggio incompiuto verso la Grecia; fu sepolto a Napoli, per la via vecchia di Pozzuoli, all' età di cinquantuno anni, diciannove anni prima della nascita di Cristo.
La Redazione di Wanted - novembre 1996

venerdì, settembre 28, 2007


INCIPIT DE “ I FIORI BLU” di Raymond Queneau nella traduzione di Italo Calvino

CAPITOLO PRIMO

Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano ancora qua e là. Sulle rive del vicino rivo erano accampati un Unno o due; poco distante un Gallo, forse Edueno, immergeva audacemente i piedi nella fresca corrente. Si disegnavano all’ orizzonte le sagome sfatte di qualche diritto Romano, gran Saraceno, vecchio Franco, ignoto Vandalo. I Normanni bevevan calvadòs.
Il Duca d’ Auge sospirò pur senza interrompere l’ attento esame di quei fenomeni consunti.
Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Franchi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane. I Normanni bevevan calvadòs.
“Tutta questa storia”, disse il Duca d’ Auge al Duca d’ Auge, “ tutta questa storia per un po’ di giochi di parole, per un po’ d’ anacronismi: una miseria. Non si troverà mai una via d’ uscita?”
Affascinato, continuò per alcune ore a osservare quei rimasugli che resistevano allo sbriciolamento, poi, senz’ alcuna ragione apparente, lasciò il suo posto di vedetta e scese ai piani inferiori del castello, dando di passata sfogo al suo umore cioè alla voglia che aveva di picchiare qualcuno.

Picchiò, non la moglie, inquantoché defunta, bensì le figlie, in numero di tre; batté servi, tappeti, qualche ferro ancora caldo, la campagna, moneta, e, alla fin fine, la testa nel muro. Ciò fatto, gli venne voglia di un viaggetto, e decise di recarsi nella Città Capitale in umile arnese, accompagnato solo dal paggio Mouscaillot.

Scelse tra i palafreni il suo roano preferito, chiamato Demostene perché parlava, pur col morso fra i denti.

" Ah, mio buon Demò, " disse il Duca d' Auge con voce lamentosa, " quanta tristezza, quanta melanconia m' opprimono! "

" Sempre la storia? " domandò Sten.

" Non c'è gaudio che in me lei non dissecchi ", rispose il Duca.

" Coraggio! Vossignoria si metta in sella, e andiamo a spasso! "

" La mia intenzione era ben questa, e altra ancora. "

" Qual mai? "

" Andar via per qualche giorno. "

" Così sì che mi piace! Dove vuole che la porti, signoria? "

. . .

giovedì, settembre 27, 2007

GRANDE ROLAND TOPOR




ALBERTO SAVINIO


Surrealismo

pubblicato in "L'Ambrosiano", Milano, 7 settembre 1926


Chi ha detto che Parigi è una città moderna, progressista? E', in verità, la Città più immobile, più antiprogressista del mondo. Qui, sulle rive della Senna, le cose più futili, le cose cui per tutto altrove il destino assegnerebbe un' esistenza brevissima, istantanea, acquistano il peso, la forza delle istituzioni più salde. Per quale miracolo di staticità, mi domandavo io ieri sera fermo in mezzo al boulevard de Clichy, certe attrazioni idiote ed estemporanee come il cabaret del "Néant" ad esempio oppure del "Paradis et de l' Enfer" riescono tuttavia a mantenersi in vita?

Vero è che le nuvolone di questo ridicolo Paradiso fanno pena ormai, così annerite dai fiati degli autobus e dalle ditate degli uomini; vero è che codesti angioloni fanno schifo ormai, così mal ridotti e snasati dall' incuria del tempo.

E poiché il cuore davanti a tanta miseria mi cominciava a piangere e l'animo a immalinconirsi, l'occhio mio d'istinto superò le povere decorazioni di quel Paradiso trasandato e salì a cercare più fresche e più pulite visioni celestiali.

Scoprii così, sopra le nuvole del "Paradis" il tenue brillio di una vetrata di atelier e, dietro quella, una luce pallida, morente, che oscillava lenta come anima sperduta in mezzo a un deserto di ghiaccio.
Ho una profonda conoscenza di tutti i movimenti intellettuali dell'Europa in genere, e di quelli di Parigi in ispecie. Non potevo ignorare dunque che sopra il tetto del Paradiso il gruppo dei Surrealisti ha stabilito il proprio quartier generale. E poiché quella luce languente m' indicava che in quell' ora medesima qualcosa di molto importante avveniva dietro la misteriosa vetrata, stabilii di muovere a più precise constatazioni.
Tornai alla place Pigalle su cui il "Moulin Rouge" faceva ruotare le ali infocate, voltai nella rue Fontaine. Un negro, a una finestra, rideva in bianco e si cullava sul petto il biondo capino di una bambina di aspetto angelico. Creature sinistre rasentavano l' ombra dei muri. Dal sommo di ogni portoncino, insegne luminose invitavano alla fratellanza universale.
Mi fermai al numero quarantadue, traversai un oscuro cortile, passai davanti l' impressionante traguardo della portineria, cominciai a salire le scale a spirale che conducono alla sede del Surrealismo.
Questa parola non richiede spiegazioni. Sta a determinare il "secondo piano" per così dire della realtà: la realtà della fantasia, della poesia. Meno qualche sottile distinzione, Surrealismo è sinonimo di Metafisico, secondo il significato dato per primo da Nietzche a questo aggettivo.
La parola Surrealismo ha una storia propria. Il primo che la usò fu Gérard de Nerval. Ma senza fortuna né conseguenze. Quando Guglielmo Apollinaire la riprese e la usò per conto suo, sembrò un' invenzione di Apollinaire. Ma nemmeno questi riuscì a dare al termine Surrealismo un destino brillante. Un' altra volta questa parola si spense, sparì, finché non fu riesumata dal letterato André Breton e dal suo gruppo, composto dagli scrittori Louis Aragon, Paul Eluard, Robert Desnos, cui si sono aggregati di poi parecchi personaggi minori e tuttavia nascosti dietro il velo dell' oscurità.
In un primo tempo, il gruppo degli attuali Surrealisti militò sotto la bandiera del Dadaismo, che riconosceva quale capo supremo il nominato Tristan Tzara. Tra capo e gregari non tardarono però a scoppiare quei dissensi che fatalmente avvengono in qualunque raggruppamento o consorteria politica, o artistica, o di altro genere. Buttato a mare dai suoi medesimi seguaci, il nominato Tristan Tzara cadde in grande miseria, donde non si risollevò se non un anno fa, grazie a un ricco matrimonio. Lo scettro del comando restò nelle mani del letterato André Breton, il quale trasformò gli statuti dell' associazione, rinnovò le direttive e gli ex-dadaisti convertì in Surrealisti.
Ero giunto intanto all' ultimo piano. Spinsi il battente dell' uscio, non chiuso ma soltanto appoggiato, e penetrai senza far rumore dentro un vasto locale sepolto in una mistica penombra.
Aguzzai lo sguardo e riuscii a distinguere delle sagome di persone sdraiate alcune sopra divani, altre sul piantito. Dal cuore della penombra si levava una voce profonda, baritonale, che con enfasi declamava frasi tutte egualmente sconnesse, ma piene di lirismo.
Dopo un periodo di tempo, di cui non mi fu possibile misurare la durata, la voce si placò, si spense; qualcuno girò l'interruttore della luce e di colpo l'intero manipolo dei Surrealisti emerse dalle tenebre stropicciandosi gli occhi.
"Abbiamo fatto un esperimento di poesia surrealista" mi disse monsieur André Breton, gran sacerdote e padron di casa. E' costui un uomo di corporatura maestosa, armato di occhiali americani, con folta e ondosa chioma e fianchi larghissimi che, in una donna, sarebbero indizio sicuro di fecondità. Ma in lui, affrettiamoci a dire, questo pregio somatico rimane privo di qualunque effetto fisico o spirituale.
Robert Desnos, il "soggetto" preferito per gli esperimenti di improvvisazione surrealista, serba quel tipico aspetto trasognato che ha il medium dopo la seduta spiritica.
"Sarebbe bene", dissi al Gran Sacerdote, "che mentre il Signor Desnos declama, qualche stenografo trascrivesse le sue parole".
Ma la mia proposta fu respinta con sdegno. "No", rispose il Gran Sacerdote, "dal movimento surrealista qualunque intenzione pratica è rigorosamente esclusa".
Quod demonstrandum est.
Conviene aggiungere a onore della verità che non tutte le manifestazioni dei Surrealisti hanno il carattere pacifico della seduta più sopra descritta.
Il Surrealismo anzitutto si prefigge un programma rivoluzionario, vuole sovvertire l'ordine della società, trasformare i costumi, abolire le leggi in vigore e, sotto pretesto di portare il livello dell' umanità al livello della poesia surrealista, mandare il mondo in rovina. Che importa che qualunque surrealista preso a parte costituisca un perfetto esemplare del borghese parigino?
Surreslista è sinonimo di distruzione.
Di questa grande opera di annientamento, nessuno, e il più scrupoloso conservatore ancora, riesce a vedere il più lieve indizio.
Invano l'organo ufficiale di codesti distruttori s' intitola " La Révolution Surréaliste ", invano l'agitato gruppo di codesti signori sforniti d'ingegno organizza scenate e clamorose manifestazioni nei teatri e nei luoghi pubblici, invano i surrealisti con a capo monsieur Breton si presentano a un banchetto ufficiale con la parola di Cambronne scritta in nero sulla fronte, invano il direttorio del Surrealismo spedisce ai più autorevoli personaggi di Parigi lettere redatte in questo modo: " Monsieur vous êtes un ... ( qui una parola che è meglio non ripetere ) et un lâche". I "borghesi", i "realisti" non si scompongono, si mostrano disperatamente determinati a non prendere sul serio i "distruttori", e quanto alle circolari minatorie, o restano senza risposta, oppure fanno ripetere la frase di Tecoppa: "Non accetto".
Dopo qualche chiassata più clamorosa, intervengono i "flics", che con quattro pedate rimettono ogni cosa in ordine.
Respinti ma non domi, i Surrealisti allora tornano a raccogliersi nel loro quartier generale della rue Fontaine e là, spenti i lumi, la voce baritonale di monsieur Robert Desnos ricomincia i colloqui con la musa sconsacrata.

mercoledì, settembre 26, 2007


LA CARRIOLA ovvero LE GRANDI INVENZIONI


il pavone fa la ruota

il caso fa il resto

dio si siede sopra

e l'uomo lo spinge


jacques prèvert 1900 1977

Il manifesto dell'aereopittura


11 febbraio 1910

AGLI ARTISTI GIOVANI D'ITALIA!

Il grido di ribellione che noi lanciamo, associando i nostri ideali a quelli dei poeti futuristi, non parte già da una chiesucola estetica, ma esprime il violento desiderio che ribolle oggi nelle vene di ogni artista creatore.
Noi vogliamo combattere accanitamente la religione fanatica, incosciente e snobbistica del passato, alimentata dall'esistenza nefasta dei musei. Ci ribelliamo alla suprema ammirazione delle vecchie tele, delle vecchie statue, degli oggetti vecchi e dell'entusiasmo per tutto ciò che è tarlato, sudicio, corroso dal tempo, e giudichiamo ingiusto, delittuoso, l'abituale disdegno per tutto ciò che è giovane, nuovo e palpitante di vita.
Volendo noi contribuire al necessario rinnovamento di tutte le espressioni d'arte, dichiariamo guerra risolutamente, a tutti quegli artisti e a tutte quelle istituzioni che, pur cammuffandosi di una veste di falsa modernità, rimangono invischiati nella tradizione, nell'accadentismo e soprattutto in una ripugnante pigrizia cerebrale.
Hanno ben altri interessi da difendere i critici pagati! Le esposizioni, i concorsi, la critica superficiale e non mai disinteressata condannano l'arte italiana all'ignominia di una vera prostituzione!
Ecco le nostre conclusioni recise:
1- Distruggere il culto del passato, l'ossessione dell'antico, il pedantismo ed il formalismo accademico.

2- Disprezzare profondamente ogni forma d'imitazione.

3- Esaltare ogni forma di originalità anche se temeraria, anche se violentissima.

4- Trarre coraggio ed orgoglio dalla facile traccia di pazzia con cui si sferzano e s'imbavagliano gl'innovatori.

5- Considerare i critici d'arte come inutili e dannosi.

6- Ribellarci contro la tirannia delle parole: ARMONIA E BUON GUSTO, espressioni troppo elastiche.

7- Spazzar via dal campo ideale dell'arte tutti i motivi, tutti i soggetti già sfruttati.

8- Rendere e magnificare la vita odierna, incessante e tumultuosamente trasformata dalla scienza vittoriosa.

Siano sepolti i morti dalle più profonde viscere della terra! Sia sgombra di mummie la soglia del futuro! Largo ai giovani, ai violenti, ai temerari!


BALLA BOCCIONI CARRA' RUSSOLO SEVERINI
immagine: primo carnera campione del mondo 1933-34 giacomo balla

giovedì, giugno 14, 2007


pubblicata in wanted numero ventidue aprile duemila traduzione victoria joseph


1940
CONFESSIONE PUBBLICA
Di jacques prévert


Noi abbiamo mescolato tutto
in effetti
abbiamo approfittato del giorno di Pentecoste per appendere le uova di Pasqua di S.Bartolomeo sull’albero di Natale del Quattordici Luglio
questo ha fatto un brutto effetto
Le uova erano troppo rosse
La colomba è scappata
Noi abbiamo mescolato tutto
in effetti
i giorni con gli anni i desideri coi rimpianti e il latte con il caffè
Nel mese di Maria che sembrava il più bello ci abbiamo piazzato il Venerdì tredici e la Grande Domenica dei Camosci il giorno della morte di Luigi XVI l’Anno terribile l’Ora del Pastore e cinque minuti di pausa pranzo
Ed abbiamo aggiunto senza rima né ragione senza rovine né magione senza cucine né prigione la grande settimana delle quarant’ore e quella dei quattro giovedì
E un minuto di casino
Se ci consentite
Un minuto di grida di gioia di canzoni di risate e di rumore e di lunghe notti per dormire in inverno con ore supplementari per sognare che è estate e lunghi giorni per fare l’amore e fiumi per fare il bagno grandi soli per asciugarci
Noi abbiamo perduto il nostro tempo
in effetti
ma era un tempo così cattivo
Noi abbiamo messo avanti la pendola
abbiamo strappato le foglie morte dal calendario
Ma non abbiamo suonato alle porte
in effetti
siamo solo scivolati sulle rampe delle scale
parlavamo di giardini pensili
voi eravate già alle fortezze volanti
e fate prima voi a radere al suolo una città che un barbiere a radere un paese la domenica mattina
Rovine in ventiquattrore
è morto anche il tintore
Come volete che ci possa mettere a lutto.

. . . io vorrei soltanto vivere
pur essendo poeta
perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
Ma se le azioni della vita sono espressive,
anche l’espressione è azione
Non questa mia espressione di poeta rinunciatario,
che dice solo cose,
e usa la lingua come te, povero diretto strumento;
ma l’espressione staccata dalle cose,
i segni fatti musica,
la poesia cantata e oscura,
che non esprime nulla se non se stessa,
per una barbara e squisita idea ch’essa sia misterioso suono
nei segni orali di una lingua.
Io ho abbandonato ai miei coetanei e anche ai più giovani
Tale barbara e squisita illusione: e ti parlo brutalmente.
E, poiché non posso tornare indietro,
e fingermi un ragazzo barbaro,
che crede la sua lingua l’unica lingua del mondo,
e nelle sue sillabe sente misteri di musica
che solo i suoi connazionali, simili a lui per carattere
e letteraria follia, possono sentire
- in quanto poeta sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto, non c’è altra poesia che l’azione reale
( tu tremi solo quando la ritrovi
nei versi, o nelle pagine di prosa,
quando la loro evocazione è perfetta ).
Non farò questo con gioia.
Avrò sempre il rimpianto di quella poesia
che è azione essa stessa, nel suo distacco dalle cose,
nella sua musica che non esprime nulla
se non la propria arida e sublime passione per se stessa.
Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e borri,
e lì comporre musica
l’unica azione espressiva
forse alta, e indefinibile come le azioni della realtà.

Pier Paolo Pasolini





Redazionale pubblicato su wanted numero dieci marzo millenovecento novantotto

CLISTERI DI TABACCO E CARNE DI DIO

Nel 1998 in piena logica del consumo effimero può sembrare strano, ma in altri tempi gli uomini hanno usato le piante psicotrope con modalità rituali e finalità mediche o religiose; l’uso delle piante magiche, attraverso l’apertura delle porte della percezione, dava accesso ad un altro mondo dove le malattie potevano essere guarite e si intraprendevano viaggi nel tempo e nello spazio. Una di queste piante era il tabacco, pianta aborigena americana, sconosciuta in Europa fino a cinquecento anni fa, così come il cacao, la gomma, il mais; la Nicotiana nelle più antiche tradizioni del mondo indiano è conosciuta come cibo degli dei, la sua particolarità è che genera una reale dipendenza fisiologica, riconosciuta dalla mitologia: anche gli dei, nel donare agli uomini il tabacco, ne tennero un po’ per sé, e continuano a desiderare il fumo che gli sciamani offrono loro.
Il genere nicotina appartiene alla famiglia delle Solanacee, come altre piante allucinogene, p.e. Atropa e Datura. La pianta che attualmente viene usata dalle multinazionali delle sigarette è un ibrido che ben poco ha in comune con la Nicotiana rustica, usata dagli aborigeni. Ancora oggi le popolazioni indigene, pur fumando sigarette per uso voluttuario, usano la Nicotiana rustica nelle manifestazioni rituali metafisiche come negli scopi terapeutici, e la definiscono il vero tabacco dello sciamano. Contiene nicotina in quantità superiore quattro volte e oltre il tabacco da sigarette. I Maya Trotzil di Chiapas nel Messico credono ancora che il tabacco protegga dagli esseri diabolici dell’oltretomba e della morte e i Maya lacandoni della regione di Usamacinta ancora oggi offrono ai loro dei, sotto forma di sigari, il primo tabacco raccolto. La sua coltivazione potrebbe risalire a circa 5000 anni fa nel sud est del Messico.
All’ arrivo di Colombo tutte le popolazioni indigene dal sud al nord americhe, consideravano sacro il tabacco e lo usavano per pratiche di intossicazione per raggiungere estasi, per fumigazioni terapeutiche, come offerta agli dei.
Il tabacco veniva fumato, bevuto in infuso, mangiato, ciccato e somministrato per clistere; questo ultimo sistema eliminava gli effetti sgradevoli e tossici sul digestivo e il respiratorio. Il clistere è in realtà una invenzione degli indiani del Sudamerica, descritta fin dal secolo sedicesimo. Venivano assunti con il clistere il succo del tabacco, e altri tipi di piante psicotrope, come l’agave mescal e il peyote. L’ apparecchio usato per il clistere presso gli Huichols della Sierra Madre in Messico era costituito da un femore cavo di un piccolo cervo collegato con un contenitore di vescica di cervo.
Il tabacco viene ancora oggi avvolto in foglie di altre piante psicoattive o fumato in tubi di canne lunghi anche 75 cm. O in pipe costruite dallo sciamano che vi rappresenta esseri magici e concetti spirituali.
Una statua di Xochipilli, Principe atzeco dei Fiori, databile all’inizio del sedicesimo secolo, è decorata con motivi floreali stilizzati che mostrano varie piante psicotrope; fra queste la Nicotiana tabacum e il fungo allucinogeno Psilocybe Aztecorum, una varietà del genere Psilocybe.
I funghi allucinogeni hanno avuto un ruolo importante nei rituali religiosi delle civiltà precolombiane, e oggi, specialmente nel Messico meridionale e nel Guatemala è diffuso l’uso degli stessi funghi in cerimonie magiche e religiose di guarigione; il genere Psilocybe cresce in tutti i continenti, è alto da 2 a 10cm, con cappello lamellato conico, contiene come principi attivi allucinogeni due molecole a struttura indolica: la psilocine e la psilocibina. Le “allucinazioni”, o percezioni, sono visive e uditive, colorate e vissute in stato di sogno.
Il fungo sacro era chiamato teonanacatl, carne di dio, ed era consumato prevalentemente ingerito, masticato o in decotto; già 3000 e più anni fa alcuni funghi venivano considerati così sacri e potenti da essere raffigurati in forma antropomorfa e il loro uso si è protratto fino ad oggi; i curanderos, in una cerimonia tipica chiamata velada, assumono dai 2 ai 30 funghi, secchi o freschi, che servono a entrare in un altro mondo, dove il contatto con gli “spiriti” si fa più diretto e si possono avere risposte alle più svariate domande; quando gli spagnoli conquistarono il Messico e imposero la fede cattolica, queste cerimonie si fecero sempre più clandestine e solo adesso ricominciano ad essere usati con meno segretezza.

giovedì, maggio 10, 2007


L’ oasi paterna del figliol prodigo d’ amore per il Mondo
( di-isotopia pararadicale post illa de rebus naturae )
(La religione è un bisogno fisiologico - James Bloom)


del benemerito socio numero cinquantasei satrapo canino terzo membro direttivo A.P.I. publicata per la prima volta su wanted numero trenta speciale luglio duemiladue



Oltre il deserto della piazza assolata
delle cicche oltre l’ arido mar
l’ oasi di una moderata
aria condizionata
in un bar
m’ accolse figliol prodigo d’ amore
dopo una giornata
senza fare la pipì
in cui m’ ero fatto
un culo così

E mi parve la tazza
come un vitello grasso
come una ragazza
che dopo i porci scomodi
di ore di passo
m’ offrisse lo spasso
d’ amare ancora il Mondo
e di fregare il padre
( “moglie te l’ aveo tolta” )
pieno di rimpianti
via – ancora una volta

Orinale rotondo
benedetti e anche Santi
gli scrosci e i rovesci
che nettando il tuo fondo
purificano il giorno
fino al mio ritorno
in quel suino Male
che grufola di rena
grande quanto il mar
inaridita scena
all’ uscita dal bar


un o.f.


piazza repubblica, sathyagraha 2000 ( tutto )

domenica, aprile 29, 2007


OTTOBROSEI ( 2001 )
di victoria ( figlia di victor )

UNAEREOSPIA ALLE PORTE DI KABUL

Ti ho messo una rosa nel pugno

SHOT SHOT SHOT

Le ho messo una rosa nel pugno
non ho saputo di farlo
la rosa nella mano
la bara nel forno
le ceneri nella buca buia
tra gechi e paradiso
tutto come tu hai detto

Utinam:

MADRE VOLESSE IL CIELO
( E GLI DEI DISPETTOSI )
CHE TUTTO FOSSE VERO!

Che lì nel fondo mio padre in attesa
ti ha teso la mano
Caronte ed io ti abbiamo
consegnata alle sue braccia

I MORTI HANNO PARLATO:
NON SERVE MATERIA ALLA VITA
I SIMBOLI GUIDANO LA FORMA
AMORE VINCE A TUTTI I GIOCHI

TI HO RIPORTATA A CASA
I MORTI HANNO CHIAMATO
CON UN CIPRESSO ETRUSCO
A FORMA DI TELEFONO: VIENI!
LA ROSA E GLI ANELLI
LE DALIE E LA FOTO
CHIUDERE CHIUDERE CHIUDERE
TI HANNO VISTO PASSARE LE OMBRE
VERTIGINE E VIBRIDI


E TU CHE MI SPIEGHERAI DOPO
( DOPO LA MORTE NON SI SPIEGA )

INDICI WANTED/2



Numero nove gennaio 1998:

- un po’ di poe
- del sognar patafisico
- alfred jarry, di Gilles Deleuze, quarta parte
- l’arte di esistere
- himalhal pradesh
- piove
- comunicazioni A.P.I.

numero dieci marzo 1998:

- pataorticoltura biodinamica
- il prezzo della vanità
- clisteri di tabacco e carne di dio
- alfred jarry, di Gilles Deleuze, quinta parte
- ubu roi
- attività A.P.I.

19 aprile 1998 giornata di pesca alla trota di torrente
oppure ( per chi non ama né le pesche né le pere )
gita culturale alla storia della croce di pier della Francesca
oppure raduno alla sede per la preparazione del pranzo dei reduci
Nel mese di giugno l’A.P.I. parteciperà ad una mostra locale ( Arti e mestieri )
dove tenterà di evidenziare la differenza tra arte e artigianato
Nel mese di luglio l’A.P.I. sarà presente ad arezzo wave come sempre
accanto agli amici antiproibizionisti con un nuovo stendino patafisico
“per diffusione e raccolta iscrizioni in lieta compagnia”


Numero undici maggio 1998

* Pataorticoltura biodinamica
* Aria mattutina
* Il corpo come linguaggio?
* Entropia e arte
* Chiavi? No, spiccioli
* ...io vorrei soltanto vivere… poesia di pier paolo pasolini
* Comunicazioni

Numero dodici luglio 1998

*Numero unico balneare
Racconto breve da scoglio:
il topo giulio va in città

numero tredici settembre 1998

* mode sociali estive spontanee
* “lettere a Casais Monteiro”
* Alfred Jarry, di Gilles Deleuze, sesta ed ultima parte
* Rudolf Steiner e le api
* Elevazione, di Charles Baudelaire
* Comunicazioni


Numero quattordici novembre 1998

INCONTRO CON ALEJANDRO JODOROWSKY
* Manifesto
* Presentazione del libro “Psicomagia”
* Santa sangre
* Spazio A.P.I.


Numero quindici gennaio 1999

* Colori nudi e tecniche segrete
* Teste di legno di Alfred Jarry
* Victor Joseph per i patafisici
* Eccezioni di André Breton
* Ricette e statistiche
* Annunci e buone novelle

Numero sedici marzo 1999

- Amsterdam’s lights
- Da PEPPEREPE’
- Il merdaio
- Gli allegri macellai
- Segnalazioni


Prima pagina patafisica toscana: http://users.iol.it/patafisica/


Numero diciassette maggio 1999

- Internet.doc
- WANTED ha letto per voi: Sputerò sulle vostre tombe
- Rock and roll-mops
- Le palle dei topi
- Comunicazioni


Numero diciotto luglio 1999
- Racconto da scoglio
Vizio e virtù di Victor Joseph


Numero diciannove non esiste


Numero venti settembre 1999

- L’A.P.I. incontra franco battiato
- Oulipo
- L’arte del rospo baciato
- Sutra della vacuità
- Patafisica politica
- Canto d’amore di un rospo


Numero ventuno gennaio 2000

- I mostri
- Nanostoria 1
- Anni ‘70
- Le ragioni del silenzio
- Fondamentali patafisici
- Zappa frank
- Jodorowsky
- Nanostoria 4
- Victor joseph per i patafisici
- Gaudi


Numero ventidue aprile 2000

* WANTED pubblica “Occhio”, racconto in tre puntate del socio numero sette
* Poesia di Jacques Prevert


Numero ventitre luglio 2000

* “Occhio”, seconda puntata
* Poesia di jodo


Numero ventiquattro settembre 2000

* L’arte è l’arte di domani e l’arte di sempre
* Introduzione di Boris Vian
* Stranamore 2000
* …quando una parola rimbalza
* Moebius
* Saranno contenti
* Coltivazione


Numero venticinque gennaio 2001

* “Occhio”, terza puntata
* Importanti comunicazioni A.P.I.


Numero ventisei marzo 2001

* Opera panica
* Alfred Jarry di andré breton
* Scienza patafisica
* Passeggiate riservate
* Canzone dello scervellamento
* Preghiera
* Spazio ai giovani
* Notizia bbc


Numero ventisette maggio 2001

- Canapa
- Papiro
- Foto + poesia

Numero ventotto luglio 2001

* Ai patafisici del terzo millennio
* Un parapatafisico della tuscia
* Il sogno templare
* Dalla rete
* Ubu cornuto


Numero ventinove settembre 2001

- Arte senza sospetti
- Entrevista: tirano da s.p.a.
- Li hongzhi
- Patafluens collage
- Teologali, di Jacques Prevert


Numero trenta speciale luglio 2002

- Due autori patafisici, Raymond Queneau di Boris Vian
- Poesia di Giulio Braccini
- Patafisici patagonici
- Patafisica del primo millennio
- Saluti dalla società patafisica atlantica di Santiago de compostella
- The Jackal
- Lettera ai soci
Nunero trentuno speciale dicembre 2002


- Valerie Solanas
- EMERGERE di Angiolo Bandinelli
- 2002 italia
- GORGIDE
- LA LESSIVE di Jacques Prévert


************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************

sabato, aprile 28, 2007


LETTERA ALL' ADE


MORTE E DENARO
di victoria joseph ( figlia di victor )


06.05.06

Ciao mamma come stai
questa mattina è arrivata la fattura delle esequie
con il timbro “PAGATO”
sono certa che ti farà piacere saperlo
come peraltro hai sempre saputo
sarai lieta che siamo riuscite a non dare una lira
alla misericordia di subbiano
con le sue cattiverie laide e cannibali
che non hanno colpa se non dell’ ignoranza
Il becchino che si precipitò
mi faceva vedere il catalogo delle bare
mentre ancora avevo indosso la giacchetta
sulla quale mi vomitasti l’anima
ha avuto due milioni e novecentomila contanti
che non erano di nessuno
perché l’inps li aveva liquidati ad una morta
che eri tu con la rosa nel pugno
per una bara la più economica che è bruciata
due giorni prima di essere pagata
nel forno delle porte sante
dove pagai altri un milione e venti lire
e vollero anche le venti lire
per una urna la più economica
che finì in un buco di cemento
il giorno stesso nel quale si pagò anche
lire ottocentocinquantamila per la lapide
come tu volevi tutto come tu hai voluto
e permetti che non è poco
Ma la misericordia no lo so che non avresti voluto
ti era dovuto il trasporto di ritorno a fiesole
e ai suoi cipressi il viaggio era pagato
anche gli etruschi ne erano al corrente
il viaggio era stato pagato in sangue vivo e fiori
Così dopo quasi cinque anni è arrivata una lettera
con il timbro “PAGATO”
Ora sì che siamo a posto tu ed io
con le nostre povere coscienze di donne
dove non poterono le piaghe le convulsioni la barbarie
solo il tempo e la rosa nel pugno che ti ho messo
levando l’orrendo rosario di plastica nera
che se lo caccino il becchino e il prete
che per benedirti da morta voleva
un milione e mezzo di vecchie lire
ti ho benedetta io e tanto ci è bastato
e ti ringrazio e a te e a mio padre va
in questo momento dentro di me
il mio affettuoso pensiero e le mie inutili lacrime.

venerdì, aprile 20, 2007






CANZONE DELLO SCERVELLAMENTO



di alfred jarry



LA CHANSON DU DECERVELAGE



traduzione libera di Victorine ( cognata di victor ) Joseph

FUI A LUNGO EBANISTA OPERAIO IN CAMPO DI MARTE, PARROCCHIA D'OGNISSANTI.

LA MIA SIGNORA ERA MODISTA E NON CI MANCAVA NULLA.

QUANDO LA DOMENICA ERA BEL TEMPO CI SI METTEVA IN GHINGHERI

E S'ANDAVA A VEDERE SCERVELLARE

IN VIA DE' RISCALDATI, A DIVERTIRSI UN PO'.


guardate guardate gli ingranaggi che girano,
vedete vedete le cervella che schizzano,
guardate guardate i benestanti che tremano;
( coro ) : urrà, corni in culo, viva il babbo ubu!


I NOSTRI AMATI MARMOCCHI, CON I BAFFI DI MARMELLATA,

BRANDENDO CON GIOIA BAMBOLINE DI PEZZA,

SALGONO CON NOI IN CIMA ALLA CARROZZA

E ROTOLIAMO GAIAMENTE VERSO I RISCALDATI.

CI SI PRECIPITA IN MASSA ALLE TRANSENNE,

CI SI TIRAN BOTTE PER ESSERE IN PRIMA FILA;

IO MI METTO SEMPRE SU UN MUCCHIO DI SASSI

PER NON SPORCARMI LE SCARPE DI SANGUE.


guardate guardate gli ingranaggi che girano,
vedete vedete le cervella che schizzano,
guardate guardate i benestanti che tremano;
( coro ) : urrà, corni in culo, viva babbo ubu!



BEN PRESTO IO E MIA MOGLIE SIAMO TUTTI BIANCHI DI CERVELLO,

I PUPI SONO COSPARSI E CI SI DIVERTE UN MONDO

VEDENDO IL PULOTTINO CHE IMPUGNA IL COLTELLO

E LE FERITE E I NUMERI DI PIOMBO.

ALL' IMPROVVISO SCORGO IN UN ANGOLO, VICINO AGLI INGRANAGGI,

LA FACCIA DI CULO DI UNO STRONZO CHE NON RICORDO BENE.

VECCHIO MIO, GLI DICO, CONOSCO IL TUO BRUTTO MUSO,

TU MI HAI RUBATO, E NON AVRO' PIETA' DI TE.



guardate guardate gli ingranaggi che girano,
vedete vedete le cervella che schizzano,
guardate guardate i benestanti che tremano;
( coro ) : urrà, corni in culo, viva babbo ubu!


SUBITO MI SENTO TIRARE LA MANICA DALLA MIA SPOSA:

SPECIE DI IDIOTA, MI DICE, ECCO IL MOMENTO PER FAR VEDERE CHI SEI,

BUTTAGLI NELLA GOLA UNA PALATA DI CONCIO
GUARDA IL PULOTTINO HA LA SCHIENA GIRATA.

SENTENDO QUESTO SUPERBO RAGIONAMENTO,

PRENDO IL CORAGGIO A DUE MANI:

BUTTO SUL BENESTANTE UNA GIGANTESCA MERDA

CHE SI SPIACCICA IN VISO AL PULOTTINO.



guardate guardate gli ingranaggi che girano,
vedete vedete le cervella che schizzano,
guardate guardate i benestanti che tremano;
( coro ) : urrà, corni in culo, viva babbo ubu!
ED ECCOMI LANCIATO SOPRA LE TRANSENNE,

MI VEDO SBALLOTTATO DALLA FOLLA INFEROCITA

E VENGO PRECIPITATO A CAPOFITTO

NEL GRANDE BUCO NERO DAL QUALE NON SI ESCE.

ECCO COSA SUCCEDE AD ANDARE A FARE UN GIRO LA DOMENICA

IN VIA DE' RISCALDATI A VEDERE SCERVELLARE

E FUNZIONARE IL PINZAPORCHI O LO SCALZASCALCO.

SI PARTE VIVI E SI RITORNA UCCISI.




guardate guardate gli ingranaggi che girano,
vedete vedete le cervella che schizzano,
guardate guardate i benestanti che tremano;
( coro ) : urrà, corni in culo, viva babbo ubu!

domenica, marzo 18, 2007


Le "Phalanstère" à Corbeil (Seine-et-Oise), 1898 : A. Vallette préside un déjeuner. Sont, entre-autres, présents autour du directeur du Mercure de France, A. Jarry, dans le fond à droite et Rachilde, au premier plan.

domenica, marzo 11, 2007





U C C E L L I

Roma è un casa ospitale
e generosa agli uccelli.
Dentro il raccordo anulare,
su una superficie
di 360 chilometri quadrati,
vengono a nidificare
ben 74 specie
di colorati
volatili.
*
La città, a ogni specie
assicura clima mite,
assenza di cacciatori,
cibo a portata di becco -
ambienti insospettabili
si rivelano ottimi habitat.
*
E Roma è attraversata
da gheppi e barbagianni,
da civette e picchi,
cuculi, gallinelle
d'acqua e tuffetti,
martin pescatori, gabbiani -
da germani reali,
quaglie, fagiani, assioli,
allocchi e succiacapre
e perfino gruccioni...
*
...si spostano
da un capo all'altro
della città, e sopratutto
nei cunei
verdi - l'Appia, il più vasto:
partendo da Ciampino
passa per Caffarella,
ed oltre il Palatino
arriva al Campidoglio.
*
A nord c'è il Pineto,
il Parco di Veio, Villa Ada -
e Monte Mario.
Ad ovest
con la Pisana, Bravetta,
la valle dei casali - ed infine
Villa Pamphili, e il Gianicolo.
*
Negli anfratti del Colosseo,
del Foro Romano, alle Terme
di Caracalla
o a Palazzaccio (pensate!)
i gheppi, i piccoli falchi
colore fulvo e bruno
trovano un bel surrogato
delle pareti rocciose
da loro tanto amate.
*
Ed ecco il Tevere, poi -
là dove i muraglioni
(nelle periferie)
non hanno compromesso
l'habitat, il pendolino
(il suo nido ha la forma
di un fiasco - tutto
peluria - attaccato
ai rami dei salici
penduli sopra l'acqua)
si accompagna
al martin pescatore.
A difendere
i suoi piccoli
dai predatori
questo pennuto di vivaci
colori - blu,
arancio, verde smeraldo -
scava un cunicolo
con l'ingresso strettissimo,
e in cavità sotterranee
depone le sue uova -
si posa
sui rami a pelo d'acqua
nelle zone paludose
e piomba fulmineo
col becco sottile
sui piccoli pesci...
*
...e ancora -
tra gli ospiti del fiume
la gallinella d'acqua, il tuffetto,
la ballerina gialla. E nei suoi
ambienti palustri, l'airone
cinerino e il porciglione,
il gabbiano reale...
...e laggiù alla Magliana
dove il Tevere piega
nell'ansa fuorimano
ecco, in fitta colonia,
il nero cormorano
*
Nel centro storico vivono
anche le taccole,
famiglia dei corvi,
e i piccioni
- che con loro dividono i cornicioni -
non hanno vita facile!
Le taccole predano le uova
ed i piccoli: grave
iattura per i poveri piccioni
ma utile servizio
per la comunità cittadina, assediata
da quella specie infestante.
*
Quanti piccioni! Quanti!
Zampettano nei parchi,
inseguiti dai cani
che mordono l’aria invano
mentre quelli
svolano più lontano
ed al loro richiamo
sembra risponda il merlo nero
zirlando sopra un ramo.
*
Sui tetti, coi rondoni, fa il nido
il balestruccio: e guai
scambiarlo con la rondine;
a differenza della quale
ha il dorso bianco e la coda
triangolare
(timidetta
e scontrosa, la rondine
solo in campagna nidifica).
*
Portarono allo zoo
un gabbiano ferito.
Era
di primavera,
stagione degli amori, e quell'ospite
nel recinto dei pinguini
cominciò a inviare
i suoi richiami.
Una femmina scese...
…continuò quell'amore
negli anni successivi, una volta
nel recinto
degli elefanti, poi in quello delle tigri.
Adesso i gabbiani,
sui tetti inaccessibili
delle chiese
eletti a dimora,
hanno ritrovato
la solitudine del mare.
*
Nelle grandi serene d'autunno
quando la tramontana
fa tagliente l'azzurro,
gli storni
in globi e nuvolaglie
traversano i cieli di Roma
con mille capriole,
salutando l'arrivo
di tramonti rossi e viola -
piombano giù, si rialzano,
si posano in gran schiere,
ospiti malgraditi
di strade, di viali, di platani
e delle nere querce
per tutta la città.
*
A non tradire la sua
leopardiana solitudine
il passero solitario fa il nido
sui più alti cornicioni -
li lascia per brevi voletti
(lo riconosci
perché è simile al merlo,
ma d'intenso blu ardesia)
e va a caccia di insetti.
*
Quanti uccelli su Roma,
una città grande e buona.
A frotte, a sciami, in coppia
o solitari -
di stanza
o pellegrini e forastici
ma sempre lieti e vari
nel cielo chiaro o scuro
intrecciano la danza
sotto i cieli di Roma.
Angiolo Bandinelli
(da un articolo
di Cecilia Gentile,
su "La Repubblica", 8 genn. 1995)

mercoledì, febbraio 28, 2007



INDICI WANTED
WANTED
ASSOCIAZIONE PATAFISICA ITALIANA e MONDIALE
arrivederci e grazie
Giornale di informazione dell' A.P.I., ad uscita bimestrale
Stampato in proprio e distribuito agli associati dell' A.P.I.
Numero uno settembre 1996
Rami e fronde della patafisica:
1 - Da : IL MANIFESTO DEI PITTORI FUTURISTI
BOCCIONI CARRA' RUSSOLO BALLA SEVERINI,11 febbraio 1910
AGLI ARTISTI GIOVANI D' ITALIA !
2 – POESIA PATAFISICA di JACQUES PRÈVERT
3 – da SURREALISMO di ALBERTO SAVINIO, 1926; Pubblicato in “l'Ambrosiano”, Milano, 7 settembre.
4 – da I FIORI BLU di RAYMOND QUENEAU
Numero tre gennaio 1997
1 – Seconda parte de: LE STORIE PITTORICHE PATAFISICHE
2 – I SONDAGGI DI WANTED: POSSIEDI L'ANIMA?
3 – Recensione del film di DAVID CRONENBERG : CRASH
4 – I FIORI BLU
5 – INIZIATIVE E MERCATINO A.P.I.
FEBBRAIO 1997 PRIMA GIORNATA PATAFISICA ITALIANA
Numero quattro marzo 1997
1 – VIRGILIO ideatore della prima discoteca
2 – PATAFISICA DEL TERZO MILLENNIO
3 – ALFRED JARRY
4 – LE MACCHINE CELIBI
5 – GIAGGIOLO BATTE CEMENTO CINQUE A ZERO
6 - SANGUE E BENZINA, poesia di VICTOR JOSEPH
7 – da HERMANN HESSE
8 – MERCATINO A.P.I.
Numero cinque maggio 1997
1 – TIBURZI BRIGANTE VIGILANTE
2 – 61 ^ MOSTRA INTERNAZIONALE DELL' ARTIGIANATO
3 – JOHN DEAKIN PHOTOGRAPHS Museo Alinari
4 – UN ARTICOLO DI JILLES DELEUZE
5 – LE CANZONI DI PRIAPO
6 – A.P.I.: COMUNICAZIONI AI SOCI
Numero sei luglio 1997
1-STORIE PATAFIICHE ultima parte
2 – ARISTOFANE E LE NUVOLE
3 – I CIMITERI NUCLEARI
4- CONCORSO DI POESIA
5 -PSICOMAGIA di ALEJANDRO JODOROWSKY
6 – ALFRED JARRY
7 – MANIFESTAZIONI DELLA ESTATE 1997 A.P.I.
29 GIUGNO 1997
Concerto del chitarrista Ganesh Del Vescovo al termine della Festa sul fiume.
2 – 6 LUGLIO 1997
Allestimento di uno Stand-ino patafisico a AREZZO WAVE, con il totem delle pelli, tesseramento e materiale culturale.
Numero sette settembre 1997
1 – Le uova d'oro di Mezzacapo
2 – La trota acrobata
3 – EPILOGO di SALVADOR DALI'
4 - GILLES DELEUZE, seconda parte
5 – AMBIENCE E NEOBIOLOGIA
6 – Poeti: CUCCU' E VIAN DANTE
7 – SEGNALAZIONI
28 SETTEMBRE 1997 PRIMA MOSTRA BLITZ CAMPESTRE CON INTRATTENIMENTO MUSICALE DAL VIVO E BANGH PAKISTANO
Numero otto novembre 1997
1 – UN PO' DI POE
2 – PRIMA MOSTRA BLITZ CAMPESTRE
3 – ALFRED JARRY di GILLES DELEUZE, terza parte
4 – RICERCA
5 – I CODICI E
6 – SCARICHIAMO SU INTERNET
7 – PROGETTI A.P.I.
Numero nove gennaio 1998:
- un po’ di poe
- del sognar patafisico
- alfred jarry, di Gilles Deleuze, quarta parte
- l’arte di esistere
- himalhal pradesh
- piove
- comunicazioni A.P.I.
numero dieci marzo 1998:
- pataorticoltura biodinamica
- il prezzo della vanità
- alfred jarry, di Gilles Deleuze, quinta parte
- ubu roi
- attività A.P.I.
19 aprile 1998 giornata di pesca alla trota di torrente oppure ( per chi non ama né le pesche né le pere ) gita culturale alla storia della croce di pier della Francesca oppure raduno alla sede per la preparazione del pranzo dei reduci
Nel mese di giugno l’A.P.I. parteciperà ad una mostra locale ( Arti e mestieri ) dove tenterà di evidenziare la differenza tra arte e artigianato
Nel mese di luglio l’A.P.I. sarà presente ad arezzo wave come sempre accanto agli amici antiproibizionisti con un nuovo stendino patafisico “per diffusione e raccolta iscrizioni in lieta compagnia”
Numero undici maggio 1998
* Pataorticoltura biodinamica
* Aria mattutina
* Il corpo come linguaggio?
* Entropia e arte
* Chiavi? No, spiccioli
* Comunicazioni
Numero dodici luglio 1998
*Numero unico balneare
Numero tredici settembre 1998
* mode sociali estive spontanee
* “lettere a Casais Monteiro”
* Alfred Jarry, di Gilles Deleuze, sesta ed ultima parte
* Rudolf Steiner e le api
* Elevazione, di Charles Baudelaire
* Comunicazioni
Numero quattordici novembre 1998
INCONTRO CON ALEJANDRO JODOROWSKY
* Manifesto
* Presentazione del libro “Psicomagia”
* Santa sangre
* Spazio A.P.I.
Numero quindici gennaio 1999
* Colori nudi e tecniche segrete
* Teste di legno di Alfred Jarry
* Ricette e statistiche
* Annunci e buone novelle
Numero sedici marzo 1999
- Amsterdam’s lights
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