giovedì, settembre 27, 2007




ALBERTO SAVINIO


Surrealismo

pubblicato in "L'Ambrosiano", Milano, 7 settembre 1926


Chi ha detto che Parigi è una città moderna, progressista? E', in verità, la Città più immobile, più antiprogressista del mondo. Qui, sulle rive della Senna, le cose più futili, le cose cui per tutto altrove il destino assegnerebbe un' esistenza brevissima, istantanea, acquistano il peso, la forza delle istituzioni più salde. Per quale miracolo di staticità, mi domandavo io ieri sera fermo in mezzo al boulevard de Clichy, certe attrazioni idiote ed estemporanee come il cabaret del "Néant" ad esempio oppure del "Paradis et de l' Enfer" riescono tuttavia a mantenersi in vita?

Vero è che le nuvolone di questo ridicolo Paradiso fanno pena ormai, così annerite dai fiati degli autobus e dalle ditate degli uomini; vero è che codesti angioloni fanno schifo ormai, così mal ridotti e snasati dall' incuria del tempo.

E poiché il cuore davanti a tanta miseria mi cominciava a piangere e l'animo a immalinconirsi, l'occhio mio d'istinto superò le povere decorazioni di quel Paradiso trasandato e salì a cercare più fresche e più pulite visioni celestiali.

Scoprii così, sopra le nuvole del "Paradis" il tenue brillio di una vetrata di atelier e, dietro quella, una luce pallida, morente, che oscillava lenta come anima sperduta in mezzo a un deserto di ghiaccio.
Ho una profonda conoscenza di tutti i movimenti intellettuali dell'Europa in genere, e di quelli di Parigi in ispecie. Non potevo ignorare dunque che sopra il tetto del Paradiso il gruppo dei Surrealisti ha stabilito il proprio quartier generale. E poiché quella luce languente m' indicava che in quell' ora medesima qualcosa di molto importante avveniva dietro la misteriosa vetrata, stabilii di muovere a più precise constatazioni.
Tornai alla place Pigalle su cui il "Moulin Rouge" faceva ruotare le ali infocate, voltai nella rue Fontaine. Un negro, a una finestra, rideva in bianco e si cullava sul petto il biondo capino di una bambina di aspetto angelico. Creature sinistre rasentavano l' ombra dei muri. Dal sommo di ogni portoncino, insegne luminose invitavano alla fratellanza universale.
Mi fermai al numero quarantadue, traversai un oscuro cortile, passai davanti l' impressionante traguardo della portineria, cominciai a salire le scale a spirale che conducono alla sede del Surrealismo.
Questa parola non richiede spiegazioni. Sta a determinare il "secondo piano" per così dire della realtà: la realtà della fantasia, della poesia. Meno qualche sottile distinzione, Surrealismo è sinonimo di Metafisico, secondo il significato dato per primo da Nietzche a questo aggettivo.
La parola Surrealismo ha una storia propria. Il primo che la usò fu Gérard de Nerval. Ma senza fortuna né conseguenze. Quando Guglielmo Apollinaire la riprese e la usò per conto suo, sembrò un' invenzione di Apollinaire. Ma nemmeno questi riuscì a dare al termine Surrealismo un destino brillante. Un' altra volta questa parola si spense, sparì, finché non fu riesumata dal letterato André Breton e dal suo gruppo, composto dagli scrittori Louis Aragon, Paul Eluard, Robert Desnos, cui si sono aggregati di poi parecchi personaggi minori e tuttavia nascosti dietro il velo dell' oscurità.
In un primo tempo, il gruppo degli attuali Surrealisti militò sotto la bandiera del Dadaismo, che riconosceva quale capo supremo il nominato Tristan Tzara. Tra capo e gregari non tardarono però a scoppiare quei dissensi che fatalmente avvengono in qualunque raggruppamento o consorteria politica, o artistica, o di altro genere. Buttato a mare dai suoi medesimi seguaci, il nominato Tristan Tzara cadde in grande miseria, donde non si risollevò se non un anno fa, grazie a un ricco matrimonio. Lo scettro del comando restò nelle mani del letterato André Breton, il quale trasformò gli statuti dell' associazione, rinnovò le direttive e gli ex-dadaisti convertì in Surrealisti.
Ero giunto intanto all' ultimo piano. Spinsi il battente dell' uscio, non chiuso ma soltanto appoggiato, e penetrai senza far rumore dentro un vasto locale sepolto in una mistica penombra.
Aguzzai lo sguardo e riuscii a distinguere delle sagome di persone sdraiate alcune sopra divani, altre sul piantito. Dal cuore della penombra si levava una voce profonda, baritonale, che con enfasi declamava frasi tutte egualmente sconnesse, ma piene di lirismo.
Dopo un periodo di tempo, di cui non mi fu possibile misurare la durata, la voce si placò, si spense; qualcuno girò l'interruttore della luce e di colpo l'intero manipolo dei Surrealisti emerse dalle tenebre stropicciandosi gli occhi.
"Abbiamo fatto un esperimento di poesia surrealista" mi disse monsieur André Breton, gran sacerdote e padron di casa. E' costui un uomo di corporatura maestosa, armato di occhiali americani, con folta e ondosa chioma e fianchi larghissimi che, in una donna, sarebbero indizio sicuro di fecondità. Ma in lui, affrettiamoci a dire, questo pregio somatico rimane privo di qualunque effetto fisico o spirituale.
Robert Desnos, il "soggetto" preferito per gli esperimenti di improvvisazione surrealista, serba quel tipico aspetto trasognato che ha il medium dopo la seduta spiritica.
"Sarebbe bene", dissi al Gran Sacerdote, "che mentre il Signor Desnos declama, qualche stenografo trascrivesse le sue parole".
Ma la mia proposta fu respinta con sdegno. "No", rispose il Gran Sacerdote, "dal movimento surrealista qualunque intenzione pratica è rigorosamente esclusa".
Quod demonstrandum est.
Conviene aggiungere a onore della verità che non tutte le manifestazioni dei Surrealisti hanno il carattere pacifico della seduta più sopra descritta.
Il Surrealismo anzitutto si prefigge un programma rivoluzionario, vuole sovvertire l'ordine della società, trasformare i costumi, abolire le leggi in vigore e, sotto pretesto di portare il livello dell' umanità al livello della poesia surrealista, mandare il mondo in rovina. Che importa che qualunque surrealista preso a parte costituisca un perfetto esemplare del borghese parigino?
Surreslista è sinonimo di distruzione.
Di questa grande opera di annientamento, nessuno, e il più scrupoloso conservatore ancora, riesce a vedere il più lieve indizio.
Invano l'organo ufficiale di codesti distruttori s' intitola " La Révolution Surréaliste ", invano l'agitato gruppo di codesti signori sforniti d'ingegno organizza scenate e clamorose manifestazioni nei teatri e nei luoghi pubblici, invano i surrealisti con a capo monsieur Breton si presentano a un banchetto ufficiale con la parola di Cambronne scritta in nero sulla fronte, invano il direttorio del Surrealismo spedisce ai più autorevoli personaggi di Parigi lettere redatte in questo modo: " Monsieur vous êtes un ... ( qui una parola che è meglio non ripetere ) et un lâche". I "borghesi", i "realisti" non si scompongono, si mostrano disperatamente determinati a non prendere sul serio i "distruttori", e quanto alle circolari minatorie, o restano senza risposta, oppure fanno ripetere la frase di Tecoppa: "Non accetto".
Dopo qualche chiassata più clamorosa, intervengono i "flics", che con quattro pedate rimettono ogni cosa in ordine.
Respinti ma non domi, i Surrealisti allora tornano a raccogliersi nel loro quartier generale della rue Fontaine e là, spenti i lumi, la voce baritonale di monsieur Robert Desnos ricomincia i colloqui con la musa sconsacrata.

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