giovedì, giugno 14, 2007


pubblicata in wanted numero ventidue aprile duemila traduzione victoria joseph


1940
CONFESSIONE PUBBLICA
Di jacques prévert


Noi abbiamo mescolato tutto
in effetti
abbiamo approfittato del giorno di Pentecoste per appendere le uova di Pasqua di S.Bartolomeo sull’albero di Natale del Quattordici Luglio
questo ha fatto un brutto effetto
Le uova erano troppo rosse
La colomba è scappata
Noi abbiamo mescolato tutto
in effetti
i giorni con gli anni i desideri coi rimpianti e il latte con il caffè
Nel mese di Maria che sembrava il più bello ci abbiamo piazzato il Venerdì tredici e la Grande Domenica dei Camosci il giorno della morte di Luigi XVI l’Anno terribile l’Ora del Pastore e cinque minuti di pausa pranzo
Ed abbiamo aggiunto senza rima né ragione senza rovine né magione senza cucine né prigione la grande settimana delle quarant’ore e quella dei quattro giovedì
E un minuto di casino
Se ci consentite
Un minuto di grida di gioia di canzoni di risate e di rumore e di lunghe notti per dormire in inverno con ore supplementari per sognare che è estate e lunghi giorni per fare l’amore e fiumi per fare il bagno grandi soli per asciugarci
Noi abbiamo perduto il nostro tempo
in effetti
ma era un tempo così cattivo
Noi abbiamo messo avanti la pendola
abbiamo strappato le foglie morte dal calendario
Ma non abbiamo suonato alle porte
in effetti
siamo solo scivolati sulle rampe delle scale
parlavamo di giardini pensili
voi eravate già alle fortezze volanti
e fate prima voi a radere al suolo una città che un barbiere a radere un paese la domenica mattina
Rovine in ventiquattrore
è morto anche il tintore
Come volete che ci possa mettere a lutto.

. . . io vorrei soltanto vivere
pur essendo poeta
perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
Ma se le azioni della vita sono espressive,
anche l’espressione è azione
Non questa mia espressione di poeta rinunciatario,
che dice solo cose,
e usa la lingua come te, povero diretto strumento;
ma l’espressione staccata dalle cose,
i segni fatti musica,
la poesia cantata e oscura,
che non esprime nulla se non se stessa,
per una barbara e squisita idea ch’essa sia misterioso suono
nei segni orali di una lingua.
Io ho abbandonato ai miei coetanei e anche ai più giovani
Tale barbara e squisita illusione: e ti parlo brutalmente.
E, poiché non posso tornare indietro,
e fingermi un ragazzo barbaro,
che crede la sua lingua l’unica lingua del mondo,
e nelle sue sillabe sente misteri di musica
che solo i suoi connazionali, simili a lui per carattere
e letteraria follia, possono sentire
- in quanto poeta sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto, non c’è altra poesia che l’azione reale
( tu tremi solo quando la ritrovi
nei versi, o nelle pagine di prosa,
quando la loro evocazione è perfetta ).
Non farò questo con gioia.
Avrò sempre il rimpianto di quella poesia
che è azione essa stessa, nel suo distacco dalle cose,
nella sua musica che non esprime nulla
se non la propria arida e sublime passione per se stessa.
Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,
che io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti
dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare,
nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto
sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta
innocenza di querce, colli, acque e borri,
e lì comporre musica
l’unica azione espressiva
forse alta, e indefinibile come le azioni della realtà.

Pier Paolo Pasolini





Redazionale pubblicato su wanted numero dieci marzo millenovecento novantotto

CLISTERI DI TABACCO E CARNE DI DIO

Nel 1998 in piena logica del consumo effimero può sembrare strano, ma in altri tempi gli uomini hanno usato le piante psicotrope con modalità rituali e finalità mediche o religiose; l’uso delle piante magiche, attraverso l’apertura delle porte della percezione, dava accesso ad un altro mondo dove le malattie potevano essere guarite e si intraprendevano viaggi nel tempo e nello spazio. Una di queste piante era il tabacco, pianta aborigena americana, sconosciuta in Europa fino a cinquecento anni fa, così come il cacao, la gomma, il mais; la Nicotiana nelle più antiche tradizioni del mondo indiano è conosciuta come cibo degli dei, la sua particolarità è che genera una reale dipendenza fisiologica, riconosciuta dalla mitologia: anche gli dei, nel donare agli uomini il tabacco, ne tennero un po’ per sé, e continuano a desiderare il fumo che gli sciamani offrono loro.
Il genere nicotina appartiene alla famiglia delle Solanacee, come altre piante allucinogene, p.e. Atropa e Datura. La pianta che attualmente viene usata dalle multinazionali delle sigarette è un ibrido che ben poco ha in comune con la Nicotiana rustica, usata dagli aborigeni. Ancora oggi le popolazioni indigene, pur fumando sigarette per uso voluttuario, usano la Nicotiana rustica nelle manifestazioni rituali metafisiche come negli scopi terapeutici, e la definiscono il vero tabacco dello sciamano. Contiene nicotina in quantità superiore quattro volte e oltre il tabacco da sigarette. I Maya Trotzil di Chiapas nel Messico credono ancora che il tabacco protegga dagli esseri diabolici dell’oltretomba e della morte e i Maya lacandoni della regione di Usamacinta ancora oggi offrono ai loro dei, sotto forma di sigari, il primo tabacco raccolto. La sua coltivazione potrebbe risalire a circa 5000 anni fa nel sud est del Messico.
All’ arrivo di Colombo tutte le popolazioni indigene dal sud al nord americhe, consideravano sacro il tabacco e lo usavano per pratiche di intossicazione per raggiungere estasi, per fumigazioni terapeutiche, come offerta agli dei.
Il tabacco veniva fumato, bevuto in infuso, mangiato, ciccato e somministrato per clistere; questo ultimo sistema eliminava gli effetti sgradevoli e tossici sul digestivo e il respiratorio. Il clistere è in realtà una invenzione degli indiani del Sudamerica, descritta fin dal secolo sedicesimo. Venivano assunti con il clistere il succo del tabacco, e altri tipi di piante psicotrope, come l’agave mescal e il peyote. L’ apparecchio usato per il clistere presso gli Huichols della Sierra Madre in Messico era costituito da un femore cavo di un piccolo cervo collegato con un contenitore di vescica di cervo.
Il tabacco viene ancora oggi avvolto in foglie di altre piante psicoattive o fumato in tubi di canne lunghi anche 75 cm. O in pipe costruite dallo sciamano che vi rappresenta esseri magici e concetti spirituali.
Una statua di Xochipilli, Principe atzeco dei Fiori, databile all’inizio del sedicesimo secolo, è decorata con motivi floreali stilizzati che mostrano varie piante psicotrope; fra queste la Nicotiana tabacum e il fungo allucinogeno Psilocybe Aztecorum, una varietà del genere Psilocybe.
I funghi allucinogeni hanno avuto un ruolo importante nei rituali religiosi delle civiltà precolombiane, e oggi, specialmente nel Messico meridionale e nel Guatemala è diffuso l’uso degli stessi funghi in cerimonie magiche e religiose di guarigione; il genere Psilocybe cresce in tutti i continenti, è alto da 2 a 10cm, con cappello lamellato conico, contiene come principi attivi allucinogeni due molecole a struttura indolica: la psilocine e la psilocibina. Le “allucinazioni”, o percezioni, sono visive e uditive, colorate e vissute in stato di sogno.
Il fungo sacro era chiamato teonanacatl, carne di dio, ed era consumato prevalentemente ingerito, masticato o in decotto; già 3000 e più anni fa alcuni funghi venivano considerati così sacri e potenti da essere raffigurati in forma antropomorfa e il loro uso si è protratto fino ad oggi; i curanderos, in una cerimonia tipica chiamata velada, assumono dai 2 ai 30 funghi, secchi o freschi, che servono a entrare in un altro mondo, dove il contatto con gli “spiriti” si fa più diretto e si possono avere risposte alle più svariate domande; quando gli spagnoli conquistarono il Messico e imposero la fede cattolica, queste cerimonie si fecero sempre più clandestine e solo adesso ricominciano ad essere usati con meno segretezza.