ARTE | Paestum
- "A vida è a arte do Encontro" scriveva il poeta Vinicius de Moraes e Sergio Vecchio ci rende partecipi del suo intimo viaggio sentimentale, artistico, tecnico, riaprendo le porte dell' Archivio-Laboratorio di Paestum, sito presso l' Azienda Agricola Biologica Orlando Mandetta – Via Ponte Marmoreo, 63, domenica, 27 febbraio, alle ore 10,30 per la prima tappa di un lungo percorso, nel corso del quale "incontreremo" gli artisti che hanno lasciato una traccia indelebile nella sua formazione, nella sua vita. Una scelta di quadri, disegni, questa selezione inaugurale di Sergio, fruibile sino al 27 marzo, che trasmette un gusto profondo, un tratto ed un punto di pensieri passati e allo stesso tempo attuali, associati a quella dimensione piacevole del viaggio, all' incedere di cose e persone, con cui inspiegabilmente, ci si trova a condividere più di quanto tu possa immaginare, uno stato d'animo, una tensione dello spirito, prima ancora che un modo d'essere, in quell'incessante scoperta che deriva dall'arte. Sergio ci farà incontrare il suo maestro all'Accademia di Belle Arti di Napoli, Crescenzo Del Vecchio Berlingieri, un artista che ha saputo caratterizzare profondamente il rapporto umano e sociale tra arte e territorio, genio eclettico e ironico, legato fortemente alla memoria e alle radici contadine, ma al contempo innovatore, pervaso da uno spirito di ricerca continua verso le nuove sintesi formali dell'arte, e ancora Lucio Del Pezzo e il suo amore nei confronti dell'architettura e delle leggi che la guidano,Riccardo Dalisi, l'architetto rivoluzionario con i suoi laboratori d'arte nei quartieri a rischio di Napoli, Fulvio Irace, rappresentato da due pezzi simbolo delle multiformi e caleidoscopiche espressioni della sua opera, un mondo poetico, coinvolgente, un inno alla creatività e alla capacità di trasformare i materiali più poveri in preziosa materiali più poveri in preziosa materia per l'immaginazione e l'anima. Incontreremo ancora, l'artista di Terzigno, Salvatore Emblema, che ci affascinerà con il suo materialismo organizzato della tessitura su cui interviene con il suo caratteristico segnismo e attraverso la sottrazione dei fili dalla trama di juta, del quale è ricoperto un suo catalogo, Mimmo Paladino, il "collezionista di indizi", per dirla con un epiteto caro a Benjamin, che preleva frammenti dalla realtà e li ricontestualizza, generando molteplici catene di significato, articolazioni e nessi imprevedibili, schizzando un suo mondo che trae sostanza da un'immaginazione produttiva, capace di reinventare e sbalordire, aprendo una dimensione intima dello spirito, nella quale l'unica regola è dettata dall'intuizione; o il colore mediterraneo di Michele Damiani, sino alla pittura di Angelo Noce con le sue proprietà alchemiche suggerite dalla vergatura arcana, dai colori e dalle attinenze con le materie lavorate. Sergio Vecchio c'introdurrà ai segreti della patafisica di Mario Persico o alla luminosità metallica dell'ingegnere Angelomichele Risi, sino al miscuglio dolce e severo di colori che dipinge il mondo bizzarro e soffocante di Armando de Stefano, o al segno da incisore di Vittorio Avella. Sergio si è imbattuto anche nel segno dalle plurime dimensioni, plurali maestrie nel fare e costituire il corpo d'immagine di Renato Barisani, che concepisce come un ordine celato di natura che ne tiene in ciascuna la misura, la bellezza dell'ordito, forme-informi che mostrano attingere alle trame virtuali e amorfe della vita naturale, o nella concezione visuale dell'arte di Nanni Balestrini. Una delle opere in mostra affettivamente più cara a Sergio Vecchio è certamente una tavola che l'indimenticato Gelsomino D'Ambrosio creò per offrire una copertina al libro composto a sei mani da Alfonso Amendola, Alfredo De Sia e dallo stesso Sergio "TantiTitani" Scritture di Ritmi Ineguali, con la prefazione dell'amico Marco Amendolara, drammaticamente recitato, dopo che qualche bicchiere di vino aveva eliminato ogni freno inibitorio, dai tre autori. L'ultimo artista che presenterà Sergio è un assoluto debuttante, il poeta Rino Mele, il quale si rivelerà attraverso un linguaggio diverso, i suoi schizzi, attitudini consapevoli e non, apparse in un momento di astrazione dalla situazione che ha vissuto nello studio o in casa di Sergio, magari l'ascolto di una conversazione, l'attesa della scintilla per cominciare a riempire di parole un foglio bianco, l'incantamento: le annotazioni, i famosi disegnini sulle copertine di un libro, su di un foglio di musica, diventano sempre più personali e una raccolta di schizzi si trasforma, in questo modo, in un vero e proprio brogliaccio, in cui il linguaggio per immagini, frenetico ma, comunque, forma di elaborazione interiore, comunica in maniera molto coinvolgente, poiché comune un po' a tutti noi, apparendo come il frammento di un diario immaginativo, spesso ininterrotto: spazio di prima e continua sperimentazione.
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