domenica, febbraio 06, 2011

L’oscuro e la follia: una serata per sfasciarsi la testa


Fonte: http://www.atlantidezine.it/patafisica-oscuro-follia-una-serata-per-sfasciarsi-la-testa.html by Piera Lombardi

giovedì, febbraio 3rd, 2011. 
“I sani sono malati che s’ignorano.”
Jules Romains, Knock o il trionfo della medicina, 1923
 
Se ne siamo capaci, chiediamoci perché “le curve diagrammatiche delle malattie mentali sono in paurosa ascesa” (la citazione è tratta dal libro Patafisica di Enrico Baj). O perché le psicopatologie alimentano l’industria farmaceutica che a sua volta stimola la nascita di nuovi disturbi, ego centrati e monomaniacali in fin dei conti, che impegnano gli psichiatri in dissertazioni e teorie di nuovo-vecchio-nuovo conio e ci inquadrano bene nella cornice funzionale al sistema. La catena si autoalimenta e trascina nel gorgo un’umanità che, pur avendo conquistato la posizione eretta da un bel pezzo, vegeta e non vive. Tutto questo accade probabilmente perché abbiamo dimenticato la nostra vera natura: siamo entità “patafisiche”, ovvero scienziati dell’immaginazione, del gioco, del dritto e del rovescio, delle antinomie e delle contraddizioni e insieme siamo estensioni illimitate; abbiamo dimenticato che la vita è esperienza patafisica integrale, ascesa e abisso. Alcuni non lo hanno dimenticato, non lo sanno affatto né intendono saperlo, né ora né mai, perché troppo affaccendati a praticare l’odio al quadrato, disprezzare, ridursi allo stato larvale. Che roba è questa patafisica, si dirà? La patafisica è “la scienza di ciò che si trova oltre la metafisica. […] Essa studia le leggi che governano le eccezioni e spiega un universo supplementare a quello in cui ci troviamo noi; oppure, meno ambiziosamente, descrive un universo che si può vedere – si deve vedere, forse – al posto di quello tradizionale”. Questa la definizione del suo “scopritore”, Alfred Jarry che la rivelò al mondo con la sua rivoluzione teatrale grazie all’invenzione di Ubu Roi e del dottor Faustroll, anche se si, ecco, appunto, la patafisica è sempre esistita, sia pure inconsapevole e non codificata. È una disposizione d’animo, un sentire, quindi una corrente dell’essere che va verso la vita, contrasta gli apparati di potere che ci vogliono tuberi da poltrona, dadi ristretti, in transito da loculi provvisori al loculo definitivo. “È una disciplina e un’arte che permette a ciascuno di vivere come un’eccezione e di non illustrare altra legge che la propria” (ancora Enrico Baj) Nel deserto civile e morale, il piccolo teatro patafisico di Palermo è un’occasione per ricordare chi siamo. Più che uno spettacolo, L’oscuro e la follia è un itinerario già percorso che sarà proposto stasera negli spazi della chiesa sconsacrata e restaurata di San Giovanni Decollato a Palermo. La follia come condizione “patafisica”, di chi coglie l’orrore del mondo e si spinge fino al limite della condizione umana. Li chiamavano alienati una volta, i pazzi: i veri alienati sono i “normodotati” furiosamente inconsapevoli dell’assurdità della vita e dell’organizzazione umana. “Il sano è un malato che si ignora”, suggeriva giustamente lo scrittore Jules Romains. Da lì la pericolosità dei sani. L’evento è una perlustrazione patafisica nell’arte e nella letteratura, patafisiche nell’essenza, partendo dalla constatazione che, “se come diceva Savinio, i poeti hanno il potere di fare volare anche le vacche, i pittori in quanto a voli pindarici non sono da meno” (ancora Enrico Baj) e volando nella impassibilità gioiosa hanno svelato il gioco arbitrario delle società e della vita.
Il viaggio indaga il rapporto tra la follia e l’arte nei tempi della storia umana, grazie ad artisti e letterati che hanno sondato i territori in cui l’uomo è veramente tale, usando tecniche di svelamento della verità che sono patafisiche per antonomasia: sorpresa, capovolgimento, allucinazione, empietà, oscenità, desiderio di scandalizzare, oltraggio, superamento di ogni limite. A proporre una sequenza di immagini di opere artistiche è Francesco Andolina (ideatore del percorso), storico dell’arte, esperto di arte contemporanea e membro di Salvare Palermo. La serata è l’ultima di una lunga serie e segue altre riguardanti “Kronos nell’arte”, “L’Eros nell’arte”, “Serata futurista”. La sequenza è intramezzata da brani letterari scelti e letti dall’attore Francesco Giordano che lavora anche  sul rapporto tra il verso e la musica grazie al supporto di alcuni musicisti: Milici, Mauro Schiavone, Eleonora Tabbì, Mauro Cottone (maestro di violoncello e allievo di Sollima) che sottolinea le parole e le immagini con musiche scelte da lui (Strindeberg, Shonberg) e,spesso, composte appositamente. Insomma si assiste a una particolare ”lectio magistralis” trasformata in un gioco, perché è un concentrato di patafisica. Gran cerimoniere di questa liturgia che tiene insieme l’evocazione in scena di figure lontane nel tempo e nello spazio è Antonin Artaud e la sua opera “Van Gogh, il suicidato dalla società” che così comincia tanto per cogliere il senso del non allineamento all’ordinaria vita vegetativa: “Parliamo pure della buona salute mentale di Van Gogh il quale, in tutta la sua vita, si è fatto cuocere solo una mano e non ha fatto altro, per il resto, che mozzarsi una volta l’orecchio sinistro, in un mondo in cui si mangia ogni giorno vagina cotta in salsa verde o sesso di neonato flagellato e aizzato alla rabbia, colto così com’è all’uscita dal sesso materno. E questa non è un’immagine, ma un fatto abbondantemente e quotidianamente ripetuto e coltivato sulla terra intera. Ed è così, per quanto delirante possa sembrare tale affermazione, che la vita presente si mantiene nella sua vecchia atmosfera di stupro, anarchia, disordine, delirio, sregolatezza, pazzia cronica, inerzia borghese, anomalia psichica (perché non l’uomo, ma il mondo è diventato un anormale), di voluta disonestà ed esimia tartuferia, di lurido disprezzo per tutto ciò che mostra di avere razza, di rivendicazione di un ordine fondato interamente sul compiersi di una primitiva ingiustizia, di crimine organizzato, insomma”.
Tra i pittori “presenti” alla serata Goya in cui l’oscuro intuito è percorribile nei binari dell’onirico, i surrealisti (Max Ernst e Magritte) che utilizzavano  la trance come varco a un universo parallelo; quei maledetti artisti dell’Espressionismo tedesco (Kokosha). Tra i frequentatori dell’oscuro evocati, la frangia provocatoria degli artisti della body art che arrivano a utilizzare il corpo per fare esplodere ogni regola. Una girandola vorticosa di immagini, dall’antichità  fino al “supermasochista”  Bob Flanagan (1989) passando per  Michelangelo, Durer, Rodin, Hugo Van der Goes, Bosch. La body art segna il traguardo estremo della provocazione fino al ribrezzo: Valie Export che utilizza il suo corpo come oggetto per irridere il voyerismo maschile; Marcel Roca che fa delle performances in cui il corpo dell’artista è un apparecchio e lo spettatore cliccando su di esso crea la sua opera “senza sporcarsi le mani” in un misto di piacere e tortura; Rudolf Schwarzkogler, uno dei più controversi rappresentanti dell’attivismo viennese, ha che martirizzato il suo corpo in performances estreme fino all’auto castrazione per manifestare la repressione e crudeltà dello stato borghese, ed è morto suicida; John Duncan, esploratore dei limiti psicofisici dell’individuo, al di là di ogni restrizione morale, intendendo il corpo come punto di conflitto di forze. La follia come gioco, corruzione dell’anima, ma anche profonda esperienza dello spirito: oltre l’oscuro territorio tra delirio e violenza, la follia può essere la chiave d’accesso all’estremo confine della natura umana.
Ambivalenza che il mondo antico conosceva, Infatti i brani letterari scelti vanno dall’ Aiace di Sofocle, all’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam, alle lettere della povera Camille Clodel , amante di Rodin, lasciata a marcire e morire dalla famiglia in manicomio per 30 anni,  all’intervista inquietante di John Duncan che racconta della scelta di avere un rapporto sessuale con un cadavere.  Discutibili scelte artistiche, persino raccapriccianti, ma che obbligano a sovvertire i catorci assemblati nelle teste e a dilatare lo sguardo oltre la censura preventiva. Chi è folle e follia cosa è? Scriveva Artaud ne “Il suicidato della società”: “C’è in ogni demente un genio incompreso: l’idea brilla nella loro mente sgomenta. Solo nel delirio possono trovare una via d’uscita agli strangolamenti che la vita ha predisposto per loro. La società ha al suo attivo le celebri morti di Villon, Baudelaire, Nerval, E.A. Poe di cui nessuno fino ad oggi ha mai seriamente pensato di chiedere conto, ma nella galleria delle morti scandalose ne esistono altre di un nero particolarmente lugubre, di un nero particolarmente scandaloso e costernante, sinistro e lugubre…” Il nero dei corvi, i corvi di Van Gogh. Suicida suicidato.

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