Baj coi generali faceva collages
"Impressioni d’Africa" di Enrico Baj, acrilico su feltro, 1997
Al Castello Pasquini la retrospettiva dell'artista milanese
FIORELLA MINERVINO
CASTIGLIONCELLO
Sembra di vederlo Enrico Baj aggirarsi là, fra le sale del Castello dove un tempo sorgeva la casa di Diego Martelli (il critico d’arte dei Macchiaioli, promotore dell’Impressionismo in Italia). Ovviamente con la risata fragorosa che gli rimodellava il volto, il gusto del gioco, l’ironia corrosiva come istituzione permanente, l’intelligenza acuta, ma anche la denuncia perenne dell’arroganza e tracotanza del potere, l’amore sconfinato per l’arte e la sua storia.
Enrico Baj era questo e altro come racconta l’avvincente omaggio, curato da Luciano Caprile e dall’amata moglie Roberta Cerini Baj, che allinea 77 opere in 6 sezioni per riassumerne l’avventura artistica. A partire dal 1951, allorché con Sergio Dangelo fondarono il Movimento Nucleare, sulla scorta della guerra mondiale e delle paure della catastrofe atomica. Un universo devastato, attraversato da incubi, dove gli umani annullati si trasformano in larve da incubo, come in Due figure atomizzate, 1951, olio su tela o Vangatori della luna, 1955. Maestro di metamorfosi è capace di trasformare materia, forme, colori, in collages usando materiali diversi: fra colature e umori crea un mondo di umanoidi o esseri zoomorfici.
Affiora sovente il volto-maschera di Baj, ovvio nell’Autoritratto del 1956 dove emerge dalla materia informale, o fa capolino sin in Zia Vannia 1955, con singolare uso del collage. Seguono Montagne: occhi e volti si impongono nel magma che pare sommuovere la tela. Non mancano i celebri Generali, memori dall’«Ubu roi» di Jarry, simbolo d’arroganza e tracotanza del potere, sovraccarichi di medaglie e decorazioni fino al «decoro decorato» come lo definisce l’artista. Gran Generale, olio su stoffa, del 1961, e l’efficace e grottesco «Géneral se promenant avec son petit chien», 1960, sono esempi illuminanti di quel creare per assurdo e che diventa satira del costume. Ad evocarglielo erano stati Parigi e gli amici surrealisti e lui lo sviluppò con straordinaria inventiva per colpire la «pornografia del potere».
Impiegò di tutto per creare questi suoi Generali: nappe, lustrini, passamanerie, specchi, paillettes e altro, come in Zita de Bourbon-Parme, Impératrice d’Autriche, collage su tavola del ’75, e nei due successivi inquietanti generali. Mobili, meccani, specchi, lego, plastiche riflettono l’attenzione ai materiali diversi, al comporre, scomporre per farne altro, trasformando i valori. Là dove materia e figura si uniscono e fondono sono Maschere tribali e Totem, legni, acrilici, oggetti (scaturiti dalla conoscenza di Claude Lévi-Strauss), meditazioni profonde sull’uomo dai primitivi ai giorni nostri, una mescolanza fra le visioni africane del Doganiere Rousseau e Les Impressions d’Afrique di Raymond Roussel. Un video completa il ritratto di questo fantastico inventore di immagini, scrittore, appassionato di letteratura e Patafisica, come spiega il catalogo (Skira).
BAJ: DALLA MATERIA ALLA FIGURACASTIGLIONCELLO (LI), CAST. PASQUINI
FINO AL 26 SETTEMBRE