venerdì, febbraio 13, 2009

Renzo Francabandera, 10 febbraio 2009, 11:53

Teatro Al Piccolo Teatro "Sulla strada ancora" un happening che mescola la realtà con l'immaginazione: monologhi, poesie, barzellette nella cronaca fantastica della caduta e della risurrezione di uno degli artisti italiani più amati, protagonista di un'epoca della satira italiana. Che ancora dura: l'artista (se dio vuole) e anche l'epoca (purtroppo)
Che stupide le parole della coronaca o del ricordo quando si deve dire di uno spettacolo che mescola il personale al teatrale. Questo viene in mente dovendo dire due cose sullo spettacolo di Paolo Rossi al Piccolo di Milano (regia di Renato Sarti), che prende spunto dalla storia di un suo lavoro mai andato in scena, Ubu Re d'Italia.
Per debolezza. O crisi personale. Per la stessa ragione del viaggio: viaggiare.

E per quella stessa ragione trovare la forza di issare le vele e riprendere il mare, o la strada, per scegliere la metafora che l'artista ha scelto per parlare di questa che, a sentire gli eventi che hanno portato a questo spettacolo, potrebbe essere la cronistoria un po' tremolante e balzana della sua seconda vita.

Se mai esistesse un'Itaca dell'arte, alcuni anni fa Rossi, dopo aver vagato nel mare libero della scena e della tv, incrociando la sua strada con Strehler, Fo, Jannacci, Gaber, ci si era avvicinato.Poi, stando a quanto racconta della sua messa in scena abortita, l'otre dei venti si è aperta, rispedendolo in altissimo mare, dove le intenzioni si confondevano alle voci di sirena, d'uomo, di donna, a volte di trans!

Le difficoltà di superare le sue fragilità, la crisi artistica conseguente e l'impossibilità di riuscire. Da questo parte il racconto, che lambisce scogli di Shakespeare ed echi di Gaber, che rilegge Jarry e ricorda, dopo gli applausi, Gianni Palladino e con lui le presenze a volte meno appariscenti ma cruciali nel viaggio di ognuno.

La permanenza di Paolo Rossi nello spazio della Scatola Magica del Teatro Strehler fino al 22 di febbraio è stato accolta con grandissimo entusiasmo da un pubblico che lo ama molto, non solo come artista ma anche come interprete di un disagio e di uno smarrimento che è il nostro. Tutte le sere tutto esaurito. E una replica straordinaria il 30 marzo prossimo nella sala grande dello Strehler. Per ritrovare non un altro, ma quello stesso di prima, quello che allude e lascia che la battuta ti si sciolga in testa come un gianduiotto in bocca. Il dolce e l'amaro.

Quello a metà fra poetica e politica, quello che si trova nell'assurdo della vita a cercare di non spiegarlo. E cos'altro è questo, se non proprio uno straordinario esercizio di patafisica, "la scienza delle soluzioni immaginarie e delle leggi che regolano le eccezioni" come la definì lo stesso Jarry, la pratica delle eccezioni rispetto alle teorie: l'eccezione che conferma la regola o che la manda, con un sorriso, a fanculo.

Come per Jarry, così anche per Rossi la prassi scenica è una maniera personale ed anarchica per spiegare l'assurdità dell'esistenza.

E quindi questo riavvicinamento all'Itaca dell'arte per altra via, per altra strada, di un Rossi uguale a prima ma anche più consapevole della debolezza che è racchiusa nell'esercizio della forza e della forza che può nacere dall'indagine sulla debolezza, porta l'artista a perdere, con più tranquillità, di vista la meta per cercare se stesso nel percorso, nella via, nella strada.

Per la stessa ragione del viaggio: viaggiare.

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